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Giornata contro il bullismo: 10 segnali per capire se tuo figlio è un bullo

In occasione del Safer Internet Day, la psicoterapeuta Margherita Spagnuolo Lobb spiega quali sono i comportamenti di un ragazzo che devono far suonare un campanello d’allarme per i genitori, perché è possibile che il figlio sia o stia per diventare un bullo

Il 9 febbraio si celebra il Safer Internet Day, Giornata mondiale per la sicurezza in Rete, per la quale quest’anno in Italia il ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha lanciato una nuova campagna contro il bullismo, e il cyber bullismo in particolare. E se sempre più spesso si leggono consigli per capire se il proprio figlio è vittima del bullismo e, nel caso, come intervenire per aiutarlo, è molto meno dibattuto l’intervento dall’altra parte della “barricata”. Ci si può accorgere se il proprio figlio è, o sta diventando, un bullo? E in questo caso, a quali segnali bisogna prestare attenzione? A rispondere è Margherita Spagnuolo Lobb, psicoterapeuta e direttore dell’Istituto di Gestalt HCC Italy.

«Partiamo dal chiederci – spiega la psicoterapeuta – perché un ragazzo dovrebbe diventare un cyber bullo. E il motivo è che il dominio sull’altro, il fatto di provocargli stati d’animo spiacevoli e umilianti e assoggettarlo a sé facendo leva sulla paura, è un surrogato della stima di sé. Il bullo o la bulla costruiscono un senso di potere personale sulle spalle della debolezza provocata negli altri. Chi si comporta da bullo, insomma, contrariamente alle apparenze, non è una persona forte e sicura di sé ma esprime insicurezza, scarsa autostima e immaturità. E, come le proprie vittime, ha bisogno di aiuto, e non di essere condannato senza appello e isolato. Anche perché, in molti casi, la responsabilità del suo comportamento non è completamente sua, ma in buona misura anche dell’ambiente familiare e sociale». E la cura per questi ragazzi è «fargli sentire l’amore incondizionato di chi si prende cura di loro, cosa a cui non sono per nulla abituati, a cui non credono, per cui resistono. Ma è l'unica cosa che può redimerli verso un atteggiamento di rispetto delle fragilità proprie e dell’altro».

Ecco allora quali sono i 10 comportamenti di un bambino o di un ragazzo che devono far suonare un campanello d’allarme per i genitori, perché è possibile che il figlio sia o stia per diventare un bullo.

1. È spesso nervoso e impulsivo, o al contrario si chiude in lunghi silenzi.

«Le caratteristiche di un bullo – spiega Margherita Spagnuolo Lobb – sono la spavalderia e la negazione della propria fragilità. A volte questo può tradursi in

comportamenti impulsivi frequenti, che mirano ad affermare la propria volontà. Ma il comportamento potrebbe essere anche diametralmente opposto: il ragazzo potrebbe anche chiudersi in lunghi silenzi, in una sorta di “ritiro sociale”, come se vivesse solo covando risentimento e aspettando la possibilità di esercitare il proprio potere perverso».

2. È aggressivo e incapace di esprimere in modo costruttivo i propri stati d’animo.

Un ragazzo che passa molte ore da solo, o che è sempre davanti al computer, o che fa battutine sarcastiche sulla purezza delle ragazze o sull’affidabilità degli adulti, o ancora che reagisce ai rimproveri sbattendo le porte e dicendo parolacce, sostiene la psicoterapeuta, «sta celando nel suo cuore qualcosa che va compreso. E la prima cosa che un genitore deve fare è stare vicino al figlio e osservare i suoi modi di essere, cercando di capirlo empaticamente. Senza scoraggiarsi, perché è solo dalla relazione coraggiosa con i figli, dal non temere di “disturbarli” o di essere soffocanti, che nasce la possibilità che crescano con buone abitudini».

3. In famiglia ci sono storie di abusi, anche solo verbali.

«Sappiamo – spiega Margherita Spagnuolo Lobb – che tutti coloro che usano comportamenti di abuso hanno imparato a sottomettere l’altro dalla loro storia familiare. Gli abusanti, tra cui i bulli, sono stati umiliati, non sono stati aiutati a crescere orgogliosi delle proprie forze. Sono ragazzi che hanno subito umiliazioni e vessazioni dai genitori o dagli educatori. Non hanno potuto sviluppare un potere personale pieno e rispettoso verso l’altro. Devono “rubare” la stima di sé ai più deboli, perché l’unico modo che hanno per sentirsi potenti e validi è l’abuso di potere su chi sentono debole. E si sentono legittimati a farlo perché anche loro l’hanno subito. Questa è la chiusura emozionale che questi ragazzi mostrano: non possono accedere alla paura e alla bassa stima di sé che in fondo sentono».

4. Frequenta cattive compagnie

Potrebbe apparire come un segnale “superato”, un richiamo a storie d’altri tempi come Pinocchio traviato da Lucignolo. Invece, sottolinea la psicoterapeuta, il pericolo è ancora attualissimo: «Il genitore deve abbandonare l'atteggiamento “polliannico” di vedere tutto ciò che riguarda il figlio come roseo e innocente. La società malata arriva a lui prima e più che a noi, attraverso internet e attraverso cattive compagnie. I ragazzi hanno bisogno di confrontarsi con i pari, è essenziale per la loro crescita, dunque il genitore deve controllare che compagnie frequenta non per soffocarlo ma per garantirgli il più possibile un ambiente sicuro. I tempi si sono ribaltati rispetto a qualche decennio fa, in cui il genitore che controllava il figlio era considerato bigotto e ossessivo. Oggi i genitori devono controllare le frequentazioni dei figli e la sfida per loro è proprio il farlo con amore e non con ansia soffocante».

5. Cerca disperatamente di essere membro di un gruppo.

A volte un ragazzo o una ragazza possono diventare bulli «non perché non hanno ricevuto rispetto e amore dagli adulti – spiega l’esperta – ma perché si lasciano influenzare dal gruppo. E allora per essere qualcuno in quel gruppo, per dimostrare di

non avere paura, imitano chi li istiga. Hanno bisogno di appartenenza, e a volte non ci sono appartenenze alternative per loro. La società offre ben poco per gli adolescenti. Dovremmo tutti attivarci per costruire delle occasioni sane di stare in gruppo: non possiamo più lasciare che i nostri figli crescano da soli, non sempre troveranno le compagnie giuste».

6. Prova imbarazzo davanti a gesti d’affetto

I bulli, spiega la psicoterapeuta, «spesso si mostrano imbarazzati davanti a gesti d’amore e d’affetto dei genitori: non reggono l’emozione di essere amati, e devono fuggirla come un paradiso perduto».

7. Sta sveglio fino a tardi per usare pc e smartphone

Internet ormai è onnipresente, ma continua a essere un rischio. Perché per il bullo, avverte Margherita Spagnuolo Lobb, «andare in Rete è fonte di piacere: un piacere perverso, e quindi ricercato proprio perché necessario a nutrire una stima di sé fragile, fittizia. Si va in Rete per cercare di affermare il proprio potere, insomma, mentre ciò che si evita è sentire la propria fragilità e la propria paura. Oggi non si può dare fiducia alla Rete, e quindi non si ci si può fidare dell’uso che un minore ne fa. Non è questione di non dare fiducia al figlio, ma di garantirgli un ambiente pulito e rispettoso dei suoi sentimenti».

8. Passa troppo tempo in chat o sui social

Su Internet sono soprattutto le chat e i social network a essere un ambiente pericoloso per i ragazzini. «Per questo – sostiene la psicoterapeuta – un genitore non dovrebbe mai lasciare il figlio molto tempo da solo in chat: le chat e i social educano i ragazzi ad un potere manipolativo, a un potere virtuale e impersonale che non passa più dalla relazione umana e dalla negoziazione dei sentimenti. E quindi diventa un ambiente ideale per i bulli. Perché, ad esempio, per una vittima è molto più facile acconsentire alla richiesta di spogliarsi davanti a una webcam che non di fronte a una persona in carne e ossa. L’atteggiamento di controllo da parte dei genitori, dunque, oggi è necessario, e non ci si deve vergognare di farlo. Ricordando che anche il controllo va esercitato con amore e non con ansia. E accettando la possibilità di doversi confrontare con una realtà spiacevole, cioè che il proprio figlio sia un cyber bullo: realtà che, spesso, i genitori non accettano».

9. Non rispetta le regole

Il bullismo spesso è figlio di un’educazione carente sul piano del rispetto delle regole. «Se i genitori non intervengono quando le regole di casa e della famiglia vengono violate – spiega la psicoterapeuta – il bambino, a lungo andare, può cominciare a pensare che questo comportamento non solo sia tollerabile e accettabile, ma anche vantaggioso. Se il desiderio di ottenere qualcosa non incontra ostacoli ed è privo di rischi e conseguenze anche davanti ad atteggiamenti e comportamenti di prepotenza e prevaricazione, diventa normale pensare che tutto è permesso. Che le regole, tutte le regole, si possono tranquillamente infrangere. E che anche la regola di non far male e di non abusare degli altri si può tranquillamente ignorare».

10. Il suo rendimento scolastico è scarso.

Gli atteggiamenti di bullismo, spesso, si accompagnano a scarso rendimento e insuccesso scolastico, fino ad arrivare all’abbandono degli studi. «Ciò – spiega Margherita Spagnuolo Lobb – accade in particolar modo per i “bulli gregari”, cioè quelli che agiscono sotto istigazione del gruppo, e che con i loro atti di bullismo ottengono già tutto ciò che desiderano: accettazione da parte del gruppo, notorietà, visibilità, stima. E quindi non hanno più bisogno di impegnarsi nello studio per ottenere dalla società la stessa gratificazione che possono avere in modo più semplice e rapido».

Per maggiori informazioni e interviste, la Dottoressa Margherita Spagnuolo Lobb è disponibile ai seguenti recapiti:

348 7252437 – margherita.spagnuolo@gestalt.it

Dott.ssa Margherita Spagnuolo Lobb. Psicologa psicoterapeuta, Direttore Istituto di Gestalt HCC Italy, Scuola di Specializzazione in Psicoterapia riconosciuta Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca nelle sedi di Siracusa, Palermo, Milano. Ha introdotto in Italia le opere e il lavoro clinico dei rappresentanti più significativi della psicoterapia della Gestalt. È didatta internazionale di psicoterapia della Gestalt, invitata presso vari istituti di formazione e università italiani ed esteri.

Istituto di Gestalt HCC. L’Istituto opera dal 1979 nell’ambito della formazione e della ricerca in psicoterapia della Gestalt sia a livello nazionale che internazionale. È stato la prima Scuola di Formazione in Psicoterapia della Gestalt in Italia. È riconosciuto dal Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica con Decreti Ministeriali del 9 Maggio 1994, 7 Dicembre 2001, 24 Ottobre 2008 e 24 Aprile 2011 presso le sedi di Siracusa, Palermo e Milano.

L’Istituto mantiene scambi didattici e di ricerca con Università e prestigiosi Istituti di Formazione internazionali. Diffonde i risultati di tale ricerca innanzitutto attraverso il modello che caratterizza la propria Scuola di Specializzazione postlaurea in Psicoterapia della Gestalt, e inoltre attraverso programmi di formazione continua e supervisione per psicoterapeuti, master per la gestione dei team di lavoro nelle aziende, master in comunicazione e competenze relazionali. (www.gestalt.it)

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