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Articolo 18: addio alla possibilità di reintegrazione?

Il Governo aveva detto che il Jobs Act avrebbe riguardato unicamente il settore privato: e invece… 

La Corte di Cassazione, infatti, mediante la sentenza n. 24157 del 25 novembre 2015, ha dichiarato che l’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori (legge 20 maggio 1970, n. 300), così come modificato, è applicabile anche per i dipendenti pubblici.
I giudici della Cassazione hanno rilevato infatti che l’inequivocabile tenore dell’art. 51 comma 2 del d.lgs. 165/2001 prevede l’applicazione anche al pubblico impiego cd. contrattualizzato della suddetta legge 300/1970 e “successive modificazioni ed integrazioni” indipendentemente dal numero dei dipendenti.
I giudici hanno chiarito che lo Statuto dei lavoratori, così come riformato dalla legge Fornero, si applica anche al pubblico impiego contrattualizzato, cioè ai dipendenti statali e locali esclusi professori, magistrati e militari.

Come afferma al Fatto Quotidiano Umberto Romagnoli, professore emerito di diritto del lavoro all’Università di Bologna “è sempre stato ovvio che l’articolo 18 vale anche ai dipendenti pubblici. Politicamente è una materia scottante, ma giuridicamente non c’è mai stato alcun dubbio”. La sentenza, però, parla solo della riforma dell’articolo 18 introdotta dalla legge Fornero.

Il discorso vale anche per il Jobs Act? “Assolutamente sì – spiega il giuslavorista –, nella riforma manca un’esclusione esplicita dei lavoratori pubblici dalla nuova disciplina dei licenziamenti. E nel silenzio della legge, l’abolizione dell’articolo 18 si applica anche agli statali”. In soldoni, tutti i dipendenti pubblici assunti dopo il 7 marzo 2015 potranno essere licenziati senza possibilità di reintegrazione, esclusi professori, magistrati e forze dell’ordine..

Da “Il Fatto Quotidiano”, “Dipendenti Statali – Il blog”

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