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Nichelino- Due 38enni sospese dalla ditta per un post su facebook

TORINO- Daniela Ciampa fino a pochi giorni fa era l’addetta alla mensa scolastica di Nichelino. La ditta l’ha però sospesa dall’incarico per aver condiviso e commentato sulla sua pagina di Facebook il post dell’ex parlamentare Salvatore Buglio in cui si criticava la qualità del cibo fornito dalla ditta in questione agli studenti e in particolare di faceva riferimento agli scarafaggi nel purè. La donna si è difesa fin da subito affermando che il suo commento non era fatto da dipendente ma da madre visto che anche lei ha un figlio che va a scuola a Nichelino e mangia alla mensa. La Ciampa ha fatto ricorso al tribunale del Lavoro e la questione, diventata molto seria, sta coinvolgendo il governo. Domenica sera Il senatore del Pd Stefano Esposito ha annunciato di aver parlato con il Ministro del lavoro Giuliano Poletti il quale ha assicurato di intervenire personalmente sul caso già nella giornata di lunedì.
Tre giorni fa anche un’altra dipendente della stessa ditta, anche lei 38enne è stata sospesa dal servizio per le stesse motivazioni di Daniela Ciampa: la condivisione di un posto sul Social Network dove si metteva in evidenza la scarsa qualità del cibo servito dalla ditta in questione. Anche per lei l’addebito è la violazione dell’articolo 7 della legge 300 del 1970 e del contratto nazionale di lavoro di settore. Alle due addette è stata inviata un’analoga lettera di sospensione retribuita di cinque giorni dal servizio, con l’invito a rendere note le loro motivazioni circa il gesto compiuto. Queste due storie differiscono solo nelle dichiarazioni rilasciate dalle due donne nelle quali tentavano di spiegare le loro ragioni e di difendersi. La Ciampa ha ammesso di aver commentato e pubblicato il post seppur con le relative misure della privacy che a quanto pare non sono state rispettate e di essere stata spinta da un dovere morale di madre non volendo recare intenzionalmente danno all’azienda.
La seconda addetta invece ha preso le distanze dall’accaduto dicendo di non aver condiviso lei il post ma che qualcuno ha “linkato” l’articolo a sua insaputa ma quanto dichiarato dalla dipendente non è stato ritenuto valido dalla ditta che ha proceduto con la risoluzione del contratto.
Anche in questo caso, come nel precedente non rimane che ricorrere al tribunale del Lavoro.

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