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Vatileaks 2: la storia e i protagonisti, prima udienza in Vaticano

ROMA – Si è aperto oggi il processo in Vaticano ai due giornalisti Gianlugi Nuzzi ed Emiliano Fittipaldi per aver pubblicato, rispettivamente in “Via Crucis” ed in “Avarizia”, notizie documentate relative agli scandali finanziari della Chiesa di Roma. Secondo i giudici vaticani avrebbero commesso reato “per aver diffuso notizie e documenti riservati” cosa che in Italia è un diritto tutelato dall'art. 21 della Costituzione. Sul banco degli imputati anche Monsignor Vallejo Balda, ex segretario della Cosea, Francesca Chaouqui, membro della stessa commissione e Nicola Maio, anche lui ex collaboratore della Cosea. Sui tre pende anche l'accusa di associazione a delinquere perché sarebbero stati loro a sottrarre i documenti poi finiti nei libri dei due giornalisti, accusati inoltre di aver fatto pressioni per entrarne in possesso. Nuzzi e Fittipaldi sono entrati in Vaticano dall'ingresso del Perugino e si sono diretti verso la sede degli uffici giudiziari dove si è tenuta la prima udienza, dedicata a procedimenti preliminari, davanti al Tribunale vaticano presieduto da Giuseppe Dalla Torre. Entrambi hanno dichiarato che si vuole colpire la libertà di stampa. “Si vuole distrarre da parte di alcuni dal contenuto imbarazzante per mantenere il malaffare e i privilegi acquisiti – ha commentato Nuzzi – a cui è stata anche respinta la richiesta di farsi difendere dal suo avvocato. Non voglio essere assolto – ha proseguito – voglio essere prosciolto perché non ho commesso reato alcuno.” “È una situazione kafkiana – gli ha fatto eco il collega Fittipaldi – si processa chi ha svelato il malaffare e non chi lo ha commesso, non una parola del mio libro è stata smentita. Nel mio Paese – ha dichiarato spontaneamente ai giudici il giornalista de “L'Espresso” – la condotta che qui mi addebitate non sarebbe penalmente perseguibile, non essendomi contestato in alcun modo di aver pubblicato notizie false o diffamatorie, ma semplicemente di aver pubblicato notizie: attività protetta e garantita dalla Costituzione italiana, dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo.” Ha fatto poi formalizzare l'indeterminatezza dell'accusa in quanto si parla di documenti e di notizie ma non si dice quali siano questi documenti e queste notizie e ciò mette l'imputato nella condizione di non sapere da cosa doversi difendere. L'istanza di Fittipaldi è stata respinta. Ai cinque imputati sono stati assegnati difensori d'ufficio, per Nuzzi Roberto Palombini, per Fittipaldi Lucia Musso i quali sono stati poi scelti dagli stessi giornalisti come loro avvocati. Si riprende lunedì 30 novembre, con udienze mattutine e pomeridiane nel caso fosse necessario. Effettivamente alcune riflessioni si impongono: questo processo, che colpisce non i colpevoli dei reati ma chi ha contribuito a svelarli, stride con l'opera riformatrice del Papa che ha parlato sempre in difesa di una Chiesa povera per i poveri ed aperta, quindi che accoglie, che “si sporca”, come ha detto lui stesso a Firenze, che abbraccia il mondo e non si chiude in se stessa nell'esercizio di un potere sordo. Un processo che stride anche con il clima che l'indizione di un giubileo straordinario auspisca ossia di comunione totale dei fedeli di tutto il mondo con la propria Chiesa e stride soprattutto quando è il sentimento della misericordia ad essere scelto come principio guida e a cui, sempre il Santo Padre, ha fatto più volte riferimento come atto indispensabile ad imitazione dell'esempio di Gesù, soccorritore degli uomini. Stride perché si vuole punire chi denuncia le malefatte di una casta che fa resistenza al cambiamento messo in atto da Papa Francesco. Stride inoltre il silenzio della politica italiana al riguardo, non un uomo rappresentante dello Stato che abbia speso una parola verso un procedimento giudiziario di un altro Stato a carico di due suoi cittadini. Ultimo, ma non meno importante, il numero esiguo dei giornalisti solidali con i loro colleghi. La domanda si impone: perché?

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