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I muri che l'Europa dell'Est leva contro i migranti

Centinaia di profughi provenienti dalla Siria, dall'Iraq e dall'Afghanistan hanno scatenato una crisi nel cuore dell'Europa che è al tempo stesso umanitaria e politica e ha indotto, o dovrebbe indurre, la Comunità Europea a interrograrsi una volta per tutte sulla sua identità e su ciò che vorrà essere in futuro. Il regolamento comunitario sul riconoscimento della richiesta d'asilo contenuto nel Regolamento "Dublin III", davanti alla recente ondata di sbarchi provenienti dai Paesi mediorientali, ha rivelato tutta la sua fallacia. I Paesi dell'UE, non vincolati dal rispetto di una comune politica estera e organizzati secondo un modello istituzionale simil-confederale, che si è rivelato ancora di intralcio alla soluzione di un'emergenza internazionale, hanno reagito in maniera discordante davanti all'arrivo dei profughi. La Germania dopo aver aperto le frontiere al grido di "i rifugiati sono i benvenuti", ha fatto dietro-front lo scorso 13 settembre ammettendo di non poter far fronte a un onere del genere da sola e ha perciò ripristinato i controlli di frontiera al confine con l'Austria. Ma i problemi più grossi provengono dall'area balcanica dell'Europa dove, per tutta l'estate, si sono susseguite prove di forza nel tentativo di spingere i rifugiati fuori dal proprio Paese e di respingere quelli provenienti dai Paesi confinanti. Le frontiere orientali hanno tremato sotto il botta e risposta dei governi nazionali della regione che si sono insultati tra di loro e sfidati a colpi di chiusura di confini ed erezione di barriere di filo spinato. Il 18 settembre centinaia di migranti hanno oltrepassato le frontiere della Croazia, passando dalla Serbia. Il governo di Zagabria ha risposto chiudendo le strade di collegamento con la Serbia e il premier croato, Milanovic, ha affermato che il suo paese continuerà a spostare i migranti verso i Paesi vicini (Ungheria e Slovenia in primis) e che questi dovranno accoglierli. Per tutta risposta Budapest ha dichiarato che la Croazia è stata una delusione "non solo per l'Ungheria ma per tutta l'Unione Europea". Nel frattempo a Bratislava, in Slovacchia, si sono svolte manifestazioni contro le quote di richiedenti asilo (per ripartire equamente i rifugiati tra i paesi-membri dell'UE). Sugli striscioni trionfavano slogan nazionalisti e xenofobi. Ora, il nazionalismo e la xenofobia non sono due fenomeni circoscritti alla sola Europa dell'Est poiché proliferano anche in Paesi dalle solide tradizioni democratiche come la Francia. Tuttavia proprio dalle regioni centrali dell'Europa si è levato un fuoco di sbarramento contro ogni forma di assistenza verso i rifugiati. Secondo Natalie Nougayrède, giornalista di Libération, la questione affonda dalla soggezione patita dagli Stati balcanici al tempo dell'URSS. Dopo essere sopravvissuti al tentativo di assimilazione pressocché totale da parte dell'URSS, nei Paesi dell'Est sopravvive un forte senso di identità culturale e linguistica che si vorrebbe preservare da qualsiasi "minaccia". I migranti rientrano in questa categoria. Le parole di un cittadino ungherese spiegano bene come l'arrivo di persone portatrici di una cultura e di una confessione religiosa differenti siano percepite come angosciante minaccia all'identità storica dell'Ungheria come pure degli altri Paesi europei: "Il cittadino comune europeo si sente sempre più perso […] nella propria patria, nella propria città, in casa sua […] I leader europei agiscono secondo i vecchi e ben abituali riflessi. Nello spirito di aiutiamo tutti quelli che non sono europei e del multiculturalismo hanno lasciato invadere l'Europa […] Non conta che gli immigrati arrivano senza nessun controllo. Viene chi vuole e porta ciò che vuole […] Non conta neanche che gli immigrati sono musulmani e che non solo accettano il cristianesimo ed i principi liberali ma addirittura considerano tutto ciò un nemico odioso da combattere […] Non importa neanche il fatto che queste persone non chiedono ma esigono, che vogliono far valere i propri diritti ma dei loro doveri e responsabilità non gli importa niente. Tutto questo non conta perché i media parlano diversamente […] L'unica possibilità per l'Europa, perché la storia non si ripeta, perché i barbari non possano distruggere di nuovo … il mondo e la cultura romana e cristiana è se il cittadino costringerà i propri leader politici ad utilizzare la politica dell'autodifesa. Chi non è disponibile, a breve termine dovrà essere eliminato. Perché ormai non è in palio il benessere dei nostri nipoti ma l'esistenza dei nostri nipoti". L'intervento del cittadino ungherese, conclusosi con un encomio del controverso presidente ungherese Orbán, è solo uno dei tanti casi che dimostrano il dilagare di prese di posizione sempre più estremiste le quali, tuttavia, potrebbero rifluire solo se l'UE riuscisse a mettere in piedi una efficace politica di solidarietà che funzioni tanto a Occidente quanto ad Oriente.

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