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L'Isis conquista Palmyra. Un'analisi geopolitica della situazione

Una notizia che atterrisce, e per due principali motivi: uno che riguarda un bene di inestimabile valore storico e culturale, dichiarato patrimonio mondiale dell'umanità, l'altro perché è solo a causa della guerra scatenata dallo stato islamico che i media si occupano dei massacri e torture indiscriminate di donne, vecchi e bambini che ormai da anni avvengono quotidianamente in Siria, Paese che, a quanto pare, è per circa la metà ormai sotto il controlo dei miliziani neri, che non cessano di rastrellare, casa per casa, i villaggi del territorio conquistato e, successivamente, offrono macabri spettacoli di decapitazioni di massa, postate sul web.
Secondo quanto ha diffuso in un comunicato l'ONU, lo stesso esercito di Assad avrebbe anche impedito a gran parte della popolazione, di abbandonare la città assediata prima che venisse conquistata dagli estremisti della Jihad. Quello che si teme, paradossalmente, è una nuova distruzione del patrimonio culturale, ma il problema è che si ha maggiormente paura di questo piuttosto che una ulteriore ondata di torture, esecuzioni, esibizione di brutalità fine a se stessa. Di fatto, il contrasto fra gli oltre duemila anni di storia della civiltà e l'orda della barbarie, che costituiscono messe insieme una tragedia con ben pochi precedenti.
Il Medio Oriente è divorato dalla guerra anche se effettivamente non ha mai conosciuto la pace, a memoria d'uomo. Questa è però una guerra, se così si può dire, oltremodo distorta, depravata, inconcepibile, nella quale i miliziani dello Stato Islamico non hanno solo l'obiettivo di uccidere il nemico, ma di cancellare quella che ritengono la sua memoria, il suo bagaglio culturale, il suo stesso significato.
L'Isis ha sotto il proprio controllo metà della Siria e parte dell'Iraq, dove si trovano le più importanti città sunnite. A questo punto, il confine fra Siria e Iraq è di fatto annullato, mentre le fazioni armate in avanguardia si stanno avvicinando inesorabilmente alle due capitali, Damasco e Baghdad. Due nomi che da soli simboleggiano la storia dell'intera umanità. E anche se in gran parte il territorio controllato è sostanzialmente desertico, qui vi sono i gasdotti, alcuni importanti giacimenti petroliferi, siti archeologici di valore incalcolabile dove il traffico di reperti frutta enormi guadagni, mentre appare incredibile che gli eserciti siriano e iracheno (quest'ultimo foraggiato e armato dagli USA) appaiano in fase di crisi dichiarata. E il discorso per la Siria è ancora più peculiare: le casse di re Bashar Assad sono ormai quasi vuote, il Paese è profondamente diviso fin dall'inizio della guerra civile e ancora prima che arrivassero i miliziani dell'Isis, e quella rivoluzione democratica che aveva fatto sperare in un miglioramento, oggi è lasciata a se stessa dalle potenze occidentali che inizialmente l'avevano incoraggiata in diversi modi. In pratica, è da considerare fallita.
La Siria è divisa in due e l'Iraq è ormai l'ombra di se stesso e a sua volta diviso in tre parti: l'Iraq curdo, quello sunnita e quello sciita.
Il destino che probabimente (e malauguratamente) attende la storica Palmyra è una fin troppo palese dimostrazione che il Medio Oriente è una regione ormai inevitabilmente presa in una spirale dalla quale appare sempre più difficile, se non ormai impossibile uscire. Si rischia di assistere a una nuova Guerra dei Cento Anni. per la ridefinizione dei confini degli stati del territorio, fra le due principali correnti interne (sciita e sunnita) di un Islam profondamente diviso al proprio interno, con gli unici due punti di riferimento rimasti: Iran e Arabia Saudita.
Appare improbabile che, per fermare questa discesa agli inferi, i sunniti permettano all'Iran sciita di schierare il proprio potente esercito contro l'Isis, e che a sua volta Teheran (sostenitore del governo siriano) consenta che Assad sia allontanato e si dia inizio ad una fase di transizione in Siria. E naturalmente c'è anche da considerare l'interesse della Russia, che dovrebbe cessare di fare ostruzionismo all'ONU per mostrare i muscoli, e che l'Europa prendesse finamente una posizione concreta anziché continuare a condannare certi fenomeni ed eccessi solo a livelo di discorsi politici. Oltre al fatto che gli USA a loro volta dovrebbero definire con la necessaria chiarezza la propria posizione rispetto alla scena politica del Medio Oriente. Tutti elementi che al momento sembrano ancora troppo lontani, con soddisfazione dei miliziani dell'Isis che, a parte l'invasamento pseudo religioso, non sono certo quei bifolchi analfabeti e ignoranti che voglio fare credere di essere. La posta in gioco è incalcolabilmente alta.

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