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Un olocausto taciuto

Un evento ancora in corso, che si può paragonare a un vero e proprio genocidio, perpetrato in particolare tramite le numerose guerre portate dalle coalizioni occidentali nei Paesi Arabi e non solo, nonché attraverso quella che è passata alla storia comela “guerra al terrore”, in atto con particolare continuità negli ultimi 25 anni. Il costo in vite si aggira, secondo alcune stime, in circa quattro milioni di musulmani. La cifra è stata confermata dal giornalista investigativo Nafeez Ahmed, noto cronista dei media internazionali, nonché dalla Physicians for Social Responsibility di Washington, associazione formata da Premi Nobel per la Pace, medici e scienziati di diversi Paesi. In un rapporto di circa cento pagine la PRS afferma che nel primo decennio seguito agli atentati alle Torri Gemelle di New Yoprk, sarebbero stati uccisi da 1,3 a 2 milioni di persone, a seguito dell'intervento militare a guida statunitense in Afghanistan, Iraq, Kuwait e Pakistan, nel quadro dele operazioni di Peacekeeping contro il terrorismo.
Il rapporto ufficiale della PRS è stato rdatto da un team di esperti in salute pubblica, sociologi, ricercatori, coordinati dal professor Robert Gould, direttore del Centro Medico di Educazione e Ricerca Medica dell'Università della California, e dal profesor Tim Takaro, docente alla Facoltà di Medicina della Simon Fraser UNiversity. Il dato sconcertante è che i media dell'informazione hanno fatto e fanno il possobile per tenere celato questo inquietante dato.
Anche Hans von Sponeck, ex vice-segretario delle Nazioni Unite, conferma i dati del rapporto PRS, e dichiara che si tratta di un importantissimo contributo per colmare il divario esistente fra numero reale delle vittime della guerra in Iraq, Afghanistan e Pakistan, e le cifre fornite in modo fmanifestamente falso e fraudolento che vengono fornite dalle fonti ufficiali. Di fronte al numero di “appena” 110mila vittime nella guera in Iraq, il rapporto PRS afferma che nella sola città di Najaf sono stati identificati almeno 40mila morti, e con i dati ufficiali che parlano di 1.354 morti.
Ad essere valorizzato e poi  il rapporto “Lancet”, che afferma la cifra di 655mila morti in Iraq fino al 2006, e fino ad oltre 1 milioner per estrapolazione, mentre i dati forniti dalle fonti ufficiali, fra cui l'IBC (Iraq Body Count), che registra cifre ridicolmente più contenute.
Il rapprto PRS cita poi organismi quali il New England Jourlan of Medicine, che accusa l'IBC di avere trascurato le aree dove si sono registrate il maggior numero di vittime, come Baghdad, Ninive, Andar, Falluja e doverse altre. Il rapporto afferma che il numero più corrispondente alla verità oggettiva per quanto riguarda i morti civili in Iraq dal 2003 a oggi è intorno al milione, al quale si deve aggiungere il numero di 220mila civili uccisi in Afghanistan e di almeno altri 80mila morti in Pakistan. Il che spinge la cifra realisticamente vicina ai 2 milioni. Tuttavia, aggiunhe Ahmed, anche lo studio Psr presenta dei limiti, perché «la guerra al terrore lanciata dopo il 9/11 non era una cosa nuova, ma l’estensione di politiche interventiste precedenti sia in Iraq sia in Afganistan», e poi perché «il numero piuttosto contenuto delle vittime civili afghane mostrato dal Psr indica che questo ha probabilmente sottovalutato il prezzo umano degli scontri in Afghanistan. Una storia di sangue, a senso unico, iniziata in Iraq nel 1991 con la prima Guerra del Golfo, seguita poi dal regime sanzionatorio delle Nazioni Unite. Un precedente rapporto di Beth Daponte, allora demografa dell’ufficio censimenti del governo americano, mostrava che le morti irachene causate direttamente e indirettamente dall’impatto della prima Guerra del Golfo fossero intorno alle 200.000, di cui la maggior parte civili.
Nel frattempo, quel suo studio fu fatto sparire dalla circolazione. Dopo laguerra, Usa e Regno Unito imposero all’Onu le durissime sanzioni, «con il pretesto di dover negare a Saddam Hussein i beni e le materie prime necessarie per poter costruire armi di distruzione di massa». Molti prodotti inclusi nella lista delle materie negate, in reatà, comprendevano anche beni di prima necessità: per l’Onu, 1,7 milioni di civili iracheni sono morti come conseguenza del regime sanzionatorio imposto dall’Occidente, e metà di questi erano bambini.
Citando lo stesso Nafeez Ahmed: “Queste eliminazioni di massa appaiono come intenzionali, sottolinea Ahmed. Tra le merci vietate c’erano prodotti chimici e attrezzature essenziali per la depurazione delle risorse idriche nazionali. Un documento segreto dell’agenzia d’intelligence del ministero della difesa statunitense, scoperto dal professor Thomas Nagy della School of Business della George Washington University, indicava chiaramente le «intenzioni di genocidio del popolo iracheno». In un documento per l’Associazione degli Studiosi di Genocidi della University of Manitoba, Nagy spiega che il documento della Dia conteneva dettagli minuziosi di un metodo praticamente infallibile per far «degradare il sistema idrico di un’intera nazione» nel giro di una decina di anni. La politica sanzionatoria avrebbe creato «le condizioni per la diffusione delle malattie, comprese vere e proprie epidemie su vasta scala», causando «di conseguenza l’eliminazione di una vasta porzione della popolazione irachena». Questo significa che, solo in Iraq, la guerracondotta dagli Usa dal 1991 al 2003 ha ucciso 1,9 milioni di iracheni, conclude Nafeez Ahmed. Poi, dal 2003 ad oggi, un altro milione circa. «In totale, circa 3 milioni di iracheni morti nel giro di due decenni».

 
Quanto all’Afganistan, la stima delle morti totali in base al rapporto Psr potrebbe anche essere «molto conservativa». Sei mesi dopo la campagna di bombardamenti successiva al 2001, il giornalista del “Guardian” Jonathan Steele rivelò che rimasero uccisi un numero tra i 1.300 e gli 8.000 afghani, ed altri 50.000 morirono come conseguenza indiretta della guerra. Nel suo libro “La conta dei morti: la mortalità che si sarebbe potuta evitare nel mondo dal 1950 ad oggi”, il professor Gideon Polya applicò la stessa metodologia utilizzata dal “Guardian” per i dati della divisione demografica delle Nazioni Unite sulla mortalità annuale, per calcolare cifre plausibili delle “morti in eccesso”, tutte evitabili. Biochimico in pensione della La Trobe University di Melbourne, Polya concluse che il totale delle uccisioni evitabili in Afganistan dal 2001, causate dalle privazioni imposte, ammontavano a circa 3 milioni di persone, di cui 900.000 bambini sotto i cinque anni. Il suo studio è raccomandato dalla sociologa Jacqueline Carrigan della California State University, che sul “Routledge Journal” lo definisce «un profilo ad alto contenuto di dati sulla situazione della mortalità infantile nel mondo».
 
Come per l’Iraq, in Afganistan gli interventi statunitensi sono iniziati molto prima dell’11 Settembre, sotto forma di sostegno militare, logistico e finanziario segreto ai Talebani. Tutto questo, ricorda Ahmed, dal 1992 in poi. Decisivo, il supporto Usa, per la «belligeranza talebana», consentendole di conquistare il 90% del territorio afghano. In un rapporto del 2001 della National Academy of Sciences su migrazioni forzate e mortalità, l’illustre epidemiologo Steven Hansch, direttore di “Relief International”, osservò che la mortalità evitabile totale in Afganistan causata dagli impatti indiretti delle guerra nel corso degli anni ’90 potrebbe attestarsi ovunque tra i 200.000 e i 2 milioni di morti. «Anche l’ Unione Sovietica, naturalmente, ne fu responsabile, per il suo ruolo nella distruzione intenzionale delle infrastrutture civili afghane, causando indirettamente moltissime morti. Tutto questo – scrive Ahmed – suggerisce che, nel complesso, il numero totale di morti afghane conseguenza diretta e indiretta dell’intervento statunitense nel paese a partire dai primi anni ’90 fino ad oggi, potrebbe raggiungere i 3,5 milioni». Un bilancio spaventoso: 2 milioni in Iraq e altri 2 in Afghanistan. Da 4 milioni di morti, il totale «potrebbe raggiungere i 6/8 milioni, contabilizzando anche le stime superiori delle morti evitabili in Afganistan».
Sono cifre che probabilmente superano la realtà, continua Nafeez Ahmed, ma questo non lo sapremo mai con certezza: «Le forze armate degli Stati Uniti e del Regno Unito, per una questione di politica, si rifiutano di tenere traccia del numero di vittime civili nelle operazioni militari – considerate solo degli inconvenienti irrilevanti». A causa della grave mancanza di dati certi in Iraq, della quasi totale assenza di informazioni per l’Afganistan e dell’indifferenza dei governi occidentali riguardo alle morti civili, è letteralmente impossibile determinare la reale portata delle perdite di vite umane. In assenza della possibilità di conferme certe, queste cifre «forniscono stime plausibili sulla base di metodologie statistiche standard». Pur non fornendo un dato preciso, danno una chiara indicazione della portata della distruzione in queste aree. «Gran parte di queste morti viene giustificata nel contesto della lotta contro la tirannia e il terrorismo. Tuttavia, a causa del silenzio dei maggiori mezzi d’informazione, la maggior parte delle persone non ha idea della reale portata distruttiva della guerra al terrore protratta negli anni da Usa e Uk in Iraq e Afghanistan”.
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