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Quando la giustizia italiana lascia l'amaro in bocca

Roma – E' stato scarcerato due giorni fa il giovane Alessio Burtone dopo soli quattro anni di carcere con l'accusa di omicidio. Era l'ottobre 2010 quando Burtone uccise con un violento pugno l'infermiera rumena, Maricica Hahaianu, per una lite scoppiata in coda per la tabaccheria della stazione Anagnina di Roma. Il giovane era stato condannato in primo grado a una pena di otto anni, la procura ne aveva chiesti venti ma il Tribunale di Sorveglianza di Roma ha ritenuto che i quattro anni passati da Burtone fra i domiciliari e il carcere Regina Coeli fossero sufficienti alla rieducazione del romano.
Libero e affidato ai servizi sociali, Burtone potrà uscire per lavorare e andare in palestra, ma dovrà rientrare a casa entro le otto di sera. Una decisione che lascia l'amaro in bocca, questa sentenza depenalizza il reato d'omicidio e rende ancora più aspri i rapporti già difficili fra la comunità romena insediata nella capitale e i cittadini romani che difendono l'imprecabile atto di violenza di Alessio Burtone. La storia del giovane romano è una storia giudiziaria che sembra essere chiusa, giustizia (non) è fatta.

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