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Tasi – Aumenti per tutti: a Roma l'aliquota più alta

Roma – Tasi: aumenti per tutti. Il decreto Salva Roma impone ai comuni di indicare le griglie entro il 31 maggio. Ma al momento lo hanno fatto solo il 10% dei sindaci e tra le grandi città ci si ferma a Firenze, Bologna e Genova. Giuliano Pisapia a Milano ha preannunciato il provvedimento per la prossima settimana e a Roma il Campidoglio ha ipotizzato, senza tuttavia formalizzare la cosa, un’aliquota indifferenziata del 2 per mille sulle prime case. Nel frattempo, il parlamento ha concesso ai comuni la possibilità di spostare dal 30 aprile al 31 luglio la scadenza per l’approvazione dei bilanci previsionali 2014. Il che fa pensare (e fonti istituzionali non lo escludono affatto) che presto sarà disposto un rinvio anche per la scadenza relativa alla fissazione delle aliquote. La conseguenza per i cittadini dei comuni ritardatari sarebbe questa: per l’acconto di metà giugno si pagherebbe, per disposizione del governo, l’aliquota massima Tasi stabilita al 2,5 per mille sulla prima abitazione e al 10,6 sulla seconda. Mentre a metà dicembre il conguaglio sarebbe parametrato sulla base delle decisioni assunte nei frattempo dai singoli comuni. Con il rischio, in qualche caso, di pagare una rata invernale superiore a quella estiva. E questo perché i sindaci avranno la possibilità di applicare anche quell’aliquota aggiuntiva dello 0,8 per mille che il governo Letta ha concesso loro un paio di mesi fa per compensare le risorse finanziarie scomparse insieme alla cancellazione dell’Imu. E qui nasce uno degli equivoci irrisolti che potrebbe causare dolori ai proprietari. In partenza, quello 0,8 per mille (da spalmare a scelta su prima e seconda casa) doveva servire per finanziare sgravi per le famiglie a reddito medio-basso. Ma durante i percorsi parlamentari quell’obbligo è andato perduto. Il che vuol dire che, in teoria, i sindaci potrebbero utilizzare il gettito per altre finalità di bilancio. Costringendo così milioni di cittadini a pagare la Tasi, magari anche solo poche decine di euro, mentre prima erano esenti dall’Imu. Com’è noto infatti, grazie alla detrazione fissa di 200 euro per immobile e ai 50 euro per ciascun figlio a carico, erano cinque milioni le abitazioni principali (più di un quarto del totale) che non versavano proprio nulla di imposta sugli immobili. Di fatto col vecchio regime con una rendita catastale intorno a 320 euro si stava al riparo da sorprese. Mentre ad esempio a fine anno con la Tasi al 2,5 per mille e senza la rete di protezione delle detrazioni si pagherebbero 132 euro.

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