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La ghigliottina che aumenta il capitale

Lo scorso 29 gennaio 2014, la Camera, dopo l'approvazione del Senato, ha convertito in legge, il decreto n. 133/2013.
Come ormai è noto, questo provvedimento, oltre alle tanto chiacchierate novità sull'IMU, prevede l'intervento del Governo su una tematica particolare e passata fino ad adesso sotto clamore: l'aumento di capitale sociale della Banca d'Italia a 7,5 miliardi di euro, con conseguente rivalutazione delle quote azionarie ed eventuale collocazione sul mercato delle stesse, con possibilità di monetarizzazione immediata.
Questo, in definitiva, è un regalo che il Governo Letta, ha elargito agli istituti bancari attuali azionisti della Banca d'italia.
Ma rendiamo più comprensibile ciò che è successo: come si è avuto modo di spiegare in precedenza in questa rubrica, la Banca d'italia, nel 1993 annoverava fra i propri Soci, proprietari cioè di quote del capitale sociale, le Banche, allora Istituti di diritto pubblico.
Con la privatizzazione di quest'ultime, e la loro conseguente trasformazione in soggetti privati si è lasciato che detenessero queste azioni, senza peraltro versare come contropartita il corrispettivo in danaro del loro valore, al Ministero del Tesoro.
Vent'anni dopo, forse per meglio assecondare la necessità di liquidità delle Banche, evidentemente sempre più pressante in questo momento, si è data la possibilità ai soci azionisti, di poter cedere, cioè di vendere, le quote al mercato, incassandone il corrispettivo.
Giusto per essere abbastanza chiari, Intesa San Paolo, e Unicredit, detentrici rispettivamente del 44,25% e del 22,12% delle quote dell'Istituto Centrale, con la cessione delle quote eccedenti il 5% del capitale detenuto, incasseranno, la prima, l'importo di euro 2miliardi 868milioni e 750mila euro mentre la seconda euro 1miliardo e 284milioni , rimanendo altresì soci col 5% di quote azionarie, che potranno essere rivalutate per ognuna ad euro 375milioni con un incremento patrimoniale di euro 3.243.750.000 per Intesa San Paolo, e di euro 1.669.000.000 per Unicredit Banca di Roma.
Quasi complessivamente cinque miliardi di euro, che, ovviamente, non verranno restituiti al Ministero del Tesoro, tranne che per una 'esigua' somma di 1,5 miliardi di euro.
Ma la particolarità delle legge non finisce qui. Vengono ampliati i soggetti autorizzati a detenere le quote azionarie. In buona sostanza potranno diventare soci anche le Fondazioni (ultimamente assurte alle cronache nazionali nell'ambito degli scandali della Banca Monte dei Paschi di Siena), le assicurazioni, gli Enti, come le Regioni, e altri istituti di previdenza, inclusi fondi pensione europei.
Tutti questi soggetti comunque dovranno detenere fino ad un massimo del 5% del capitale sociale.
Ma con questa frammentazione dei soggetti che detengono il capitale sociale, la Banca d'italia si trasformerà di fatto in una “public company”, ovvero in una società ad azionariato diffuso.
In questo modo si potrà raggiungere l'indipendenza e l'equilibrio tra i soci?
Purtroppo ciò non è garantito in quanto la libera circolazione delle quote sul mercato, non impedisce che si creino alleanze tra azionisti, che potrebbero essere capaci poi di controllare la maggioranza della Banca d'Italia. Soci, le Banche, che n- on dimentichiamolo – dovrebbero essere controllate proprio dal nostro Istituto Centrale.
Saranno inoltre possibili i patti di sindacato, cioè quegli accordi, fuori da ogni regola, tra gli azionisti italiani e tra quelli italiani e stranieri, che potrebbero condizionare le decisioni che altrimenti dovrebbero essere prese nell'interesse dello Stato.
Infine autorizzare i soggetti europei a detenere quote di capitale, apre in concreto al possibile rischio che la proprietà della Banca d'Italia, ora di Banche private italiane, possa diventare straniera. Assisteremmo così all'insolito caso al mondo di una Banca Centrale detenuta da soggetti privati costituenti una maggioranza di diversa nazionalità che beneficerà dei redditi conseguiti dalla Banca d'Italia, cioè sull'emissione della vecchia e della nuova, il cd. signoraggio, oltre che sull'attività di compravendita titoli e gestioni riserve.

Come al solito tranne per l'intervento del senatore Scilipoti sulle intenzioni di voto, e della totalità del MoVimento 5 Stelle impegnati nell'ostruzionismo parlamentare, e nell'abbandono dell'Aula, la cosa sembra essere passata inosservata, sia per quanto riguarda l'arco costituzionale politico, sia per quanto riguarda l'opinione pubblica. Il decreto legge è passato grazie ai 210 voti favorevoli del PD, fatta eccezione per i deputati “ribelli” Miccoli, Biondelli, La Marca e Farina.

La questione invece andrebbe presa di petto e sviscerata perchè l'alternativa utile alla ripresa dell'economia imporrebbe come primo passo, ciò che non è stato fatto vent'anni fa, cioè di espropriare le Banche e le società detentrici delle quote della Banca d'italia, sul presupposto che dopo il 1993 quest'ultime si sono ritrovate azioniste dell'istituto centrale a titolo gratuito.
Operazione ineludibile poiché gli azionisti attuali, come abbiamo detto, non hanno esborso alcunchè per l'acquisto di azioni o quote di capitale, ma beneficiato del signoraggio primario e dell'incasso del valore delle azioni vendute che questa legge permette.
Il secondo passo per conseguire l'obiettivo di rilancio dell'economia dovrà essere quello della nazionalizzazione della Banca d'italia, con delega all'emissione della moneta e alla sua distribuzione alle Banche, unica e non più rinviabile soluzione per farla assurgere al ruolo a cui in genere sono preposte le Banche centrali in ogni paese civile produttore di ricchezza, cioè di sorvegliante dei meccanismi di vigilanza e di rispetto delle finalità istituzionali delle Banche private.
In conclusione, solo in questo modo quest'ultime potranno finalmente abbandonare i loro ruoli speculativi che hanno assunto in quest'ultimo decennio per assumere invece quello molto più costruttivo e utile di partners di imprese per il rilancio dell'economia.

Avv. Emanuele Petracca, consulente giuridico dell'Adiuban-snarp (Associazione difesa utenti bancari) nonché socio fondatore del Forum Antiusura Bancaria: ha lo studio in Latina, Via Ufente, 20 – emanuele_petracca@hotmail.com

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