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Vasco Rossi dona diritti 'Vivere' per spot su legalizzazione eutanasia

Milano – “Vivere è un ricordo senza tempo e poi pensare che domani sarà sempre meglio”, sono dei versi dell'omonima canzone scritta da Vasco Rossi nel 1993 e che oggi ha deciso di donare i diritti della sua canzone per realizzare uno spot sulla legalizzazione dell'eutoanasia. Una canzone nata quasi per caso, con pochi accordi ma parole che toccano nel profondo. Il rocker di Zocca si mostra così a sostegno della proposta di legge promossa dall'associazione Luca Coscioni, firmata da oltre 67 mila italiani e depositata alla Camera per legalizzare l'eutanasia e il testamento biologico. L'obiettivo è «che si apra finalmente un dibattito sull'eutanasia legale come alternativa alla 'morte all'italianà dell'eutanasia clandestina», spiegano l'associazione Coscioni e il comitato promotore 'EutanaSiaLegalè, composto da associazione Coscioni, Exit, Uaar, Radicali italiani, amici di Eleonora Onlus, associazione radicale Certi diritti. Dopo il video 'A.A.A. Cerchiamo malati terminalì, che ha raccolto le testimonianze di Piera e Gilberto, ora deceduti (la prima accompagnata in una clinica svizzera da Marco Cappato, il secondo morto per la progressione della sua malattia), e dopo lo spot realizzato dagli studenti dell'Accademia di comunicazione di Milano – ricorda la nota – Vasco Rossi, di nuovo iscritto all'associazione Coscioni, ha donato i diritti di utilizzo di 'Viverè per rappresentare il punto di vista di un malato costretto nel suo letto dopo una vita intensa di ricordi. L'anziano protagonista del nuovo video-spot, accudito a casa dai suoi cari, si trova in una condizione di malattia irreversibile che lo porterebbe a voler «stare spento» come recita il testo della canzone, ma che gli permette solo di spegnere la radio.
«La presidente della Camera, Laura Boldrini – sottolineano ancora associazione Coscioni e comitato EutanaSiaLegale – ha ricevuto il comitato promotore della proposta di legge» pro-eutanasia «riconoscendo l'importanza delle tematiche sulla fine della vita, diventate urgenze sociali, e sulla necessità di tempi certi per la discussione in Parlamento. Piergiorgio Welby non c'è più – conclude la nota – ma le sue parole, la sua richiesta di una 'morte opportunà riecheggiano e pesano come macigni sulla indifferenza che i partiti hanno dimostrato dinanzi alle morti in solitudini dei tanti come Carlo Lizzani, Franco Lucentini, Mario Monicelli, Lucio Magri, Vittorio Bisso, Daniela Cesarini, Piera Franchini, Roberto Gandolfo, Pietro D'Amico».

 

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