Roma – Papa Francesco, dal giorno della sua elezione, mantiene l'immagine di uomo umile, disponibile, aperto e tollerante, eppure, secondo quanto denuncia l'Associazione Emanuela Orlandi, la disponibilità del pontefice sarebbe in massima parte solo apparenza. Il fatto non è stato evidenziato dalle cronache, forse volutamente. Erano in quaranta, guidati da Pietro Orlandi, i rappresentanti della Associazione Emanuela Orlandi, raccolti in Piazza San Pietro lo scorso 20 novembre, per prendere parte all'udienza generale, ma nonostante fossero numerosi, con tanto di cartelli con la foto della giovane scomparsa, non sono stati considerati e, anzi, come riferiscono, assolutamente ignorati.
Adriana Dari, coordinatrice dell'incontro, dichiara: “Quando il papa ci è passato vicino, è stato evidente che ha fatto di tutto per evitare di rivolgerci un cenno almeno di saluto, pur avendo visto Pietro Orlandi e i suoi figli con la mano tesa verso di lui. C'è da pensare che ci fosse la precisa volontà di non fare notare la nostra presenza, come ormai da diversi anni stanno facendo le gerarchie vaticane, per soffocare tutta la vicenda. E' evidente anche per il fatto che, prima che il pontefice prendesse la parola, nell'elenco delle organizzazioni presenti all'udienza generale, sia stata citata, fra gli oltre cento nomi, perfino la delegazione “Diavoli in festa” della località “Casale del Diavolo”, mentre non è stato fatto alcun acceno alla Associazione Emanuela Orlandi, nonostante fossero stati richiesti i nomi dei nostri rappresentanti per la concessione dei permessi“.
Perché il nome di Emanuela Orlandi, a distanza di tanti anni, fa ancora così paura in Vaticano? Che cosa ci sarebbe da nascondere, se effettivamente qualcosa da nascondere esiste? Il dubbio, quanto meno, viene spontaneo.
Di teorie ce ne sono state anche troppe. Troppe menzogne, mezze verità, troppi depistaggi, che inseriscono la vicenda di Emanuela Orlandi, e della coetanea Mirella Gregori, nel lungo elenco dei “Misteri d'Italia”.
D'altra parte, che i due casi siano collegati è stato evidenziato più volte anche se, nella rete di falsità, depistaggi, bugie e quant'altro, non esiste purtroppo nessuna certezza. Un fatto è però assodato: il misterioso “Amerikano” che telefonò a casa Orlandi rivedicando il rapimento, si fece vivo anche con la famiglia Gregori, descrivendo nei minimi particolari l'abbigliamento della giovane Mirella, fino ai capi di intimo. E che dire dell'iscrizione, nel registro degli indagati, di un funzionario della vigilanza vaticana con l'accusa di reticenza, che fu indicato da entrambe le famiglie come persona che avrebbe conosciuto le due ragazze e che oltretutto sarebbe stato visto più di una volta in un bar di via Nomentana in compagnia di Mirella Gregori, che abitava nella stessa strada?
Di fatto, un ultimo collegamento risale all'aprile scorso, quando sia ad una compagna della scuola di musica frequentata da Emanuela che alla famiglia Gregori, è stato recapitato uno stesso pacco postale. All'interno, come racconta Maria Antonietta Gregori (sorella di Mirella) un foglio con strani messaggi, fra cui uno ha attirato particolare attenzione: “Non cantino le due belle more, per non apparire come la baronessa e come il ventuno gennaio martirio di Sant'Agnese, con biondi capelli nella vigna del Signore“. In calce, un indirizzo: via Frattina 103 – Fiume 4 – Musico 26 ottobre 1808 – 5/3/1913-2013. Vi erano poi una ciocca di capelli, un pezzeto di stoffa scura, alcune tracce di cenere e la poco piacevole foto di un teschio.
“Quando ho visto il contenuto del plico – racconta Maria Antonietta Gregori – mi sono sentita invadere da una senzazione bruttissima. Ho pensato 'Ecco, mi mandano la prova della morte di Mirella'… Io però la verità continuo a cercarla, e quindi sono andata immediatamente a consegnare il pacco alla polizia, per fare in modo che possano identificare il mittente e trovare qualche prova o elementi utili…“.
Nella grande rete di dubbi e punti oscuri, di certo nulla vieta di pensare che la spedizione dei due pacchi uguali possa essere stata opera di un mitomane. Le indagini hanno infatti chiarito che il teschio ritratto nella foto appartiene a Eleonora De Bernardi, deceduta nell'agosto 1854 e conservato nella chiesa di Santa Maria Dell'Orazione e della Morte, che si trova in via Giulia, per altro aperta al pubblico. Ma i capelli? Il frammento di stoffa? e gli altri particolari? E a che scopo effettuare una tanto elaborata montatura?
Di certo è che con il passare dei giorni, le domande, anziché trovare risposta, aumentano e si infittiscono sempre più… Ma soprattutto, come dicevano gli antichi latini: “Qui prodest?“