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Nuova teoria fra depistaggi, menzogne e campagna denigratoria su Itavia

Una storia che non ha ancora la parola “fine”, questo “Edizioni Oggi” lo ha ribadito più volte, e oggi con maggiore determinazione. Al capitolo sulla strage di Ustica mancano i nomi dei veri responsabili, dei diretti colpevoli, anche se si è aggiunto un importante tassello grazie alla sentenza definitiva della IIIa Sezione Civile della Corte di Cassazione, depositata lo scorso 22 ottobre, con cui è stato accolto il ricorso di Luisa Davanzali, rimasta erede di Aldo, proprietario della compagnia aerea Itavia, rapidamente fallita in seguito al disastro del DC9 del 27 giugno 1980, nella quale morirono 81 persone.
Di opinioni, in oltre trent'anni, ne sono state presentate anche troppe, a parte la pura verità, ovvero che a fare precipitare il DC9 è stato un missile partito da un caccia militare. Ma di quale nazionalità? Italiano? Forse americano? Oppure francese? Magari Libico? Anche qui menzogne e depistaggi, e una nuova teoria presentata nel nuovo libro-inchiesta a cura di Gianni Lannes, giornalista televisivo e non solo, dal titolo “Ustica, la verità negata”. Il missile che fece cadere in mare il DC9 Itavia sarebbe partito da un aereo israeliano. Ma non è tutto.
Che cosa è accaduto la sera del 27 giugno 1980 nei cieli di Ustica? Secondo Lannes, l'aereo non sarebbe esploso in volo. Il pilota sarebbe riuscito ad ammarare pur con danni strutturali gravissimi, a circa 15 minuti di volo dall'aeroporto di Punta Raisi, aprecisamente a 115 km a Nord di Ustica, dopo essere stato colpito da un missile partito da un Phantom F4 dell'aviazione militare israeliana che aveva eseguito un rifornimento in volo tramite un aereo-cisterna. Il libro afferma che esisterebbero tracciati radar i quali avrebbero registrato la inequivocabile traccia di questi due velivoli, in un periodo nel quale si sarebbe sfiorata una vera e propria guerra aperta. Da qui ha origine l'immediata opera di depistaggio, anzitutto sull'esplosione in volo, tesi demolita dall'analisi degli stessi tracciati radar compresi nella documentazione giudiziaria. Inoltre: perché la macchina dei soccorsi sarebbe stata attivata con così tanto ritardo, attivando mezzi che si trovavano più lontano di altri? Resoconti ufficiali testimoniano infatti la presenza dell'incrociatore italiano “Vittorio Veneto” poco lontano dal luogo del disastro, che non sarebbe stato allertato e anzi, fu raggiunto dall'ordine di virare e rientrare a tutta velocità al porto di La Spezia, disimpegnandosi dalla “esercitazione segreta” NATO che si stava svolgendo. Perché?
Insomma, esisterebbe un vero e proprio concorso di colpa fra mezzi di quattro Stati, con una responsabilità diretta nella strage, mentre si dovrebbe escludere totalmente il coinvolgimento della Libia. Naturalmente fra questi quattro Stati, l'Italia (allora retta dal governo Cossiga) occuperebbe un ruolo preminente, quindi Francia, Stati Uniti (che avrebbero meticolosamente registrato le fasi della tragedia) e, appunto, Israele, fino ad oggi mai coinvolto.
Le domande senza risposta, nonostante la sentenza della Cassazione, sono ancora molte. Troppe. Perché, nel 1998, il presidente del Consiglio Romano Prodi, ha imposto il segreto di stato alle indagini del giudice Rosario Priore, il quale per primo aveva teorizzato il diretto coinvolgimento di Israele, dedotto in base alla presenza, su un tracciato radar, dei due velivoli israeliani? Sempre nel '98 il “New York Times” ricorda che Italia e Iraq avevano sottoscritto un trattato che prevedeva forniture di petrolio in cambio di materiale per esperimenti atomici, per cui – sempre secondo l'autorevole quotidiano statuniense – sarebbe lecito pensare chei due aerei trasportassero elementi di tipo nucleeare, come ad esempio uranio. Ipotesi naturalmente tutta da verificare.
L'inchiesta del giudice Priore, archiviata nel 1999, riporterebbe testimonianze in merito che già all'epoca sarebbero state inoltrate alle autorità preposte. La documentazione è stata riaperta nel 2008 dalla Procura di Roma, e nel 2010 è stata aggiunta la deposizione di alcuni ex militari mai ascoltati in precedenza. Fra questi, un sottufficiale di macchina dell'incrociatore “Vittorio Veneto”, e altri dell'Aeronautica Militare.
Fa scalpore sapere che, secondo queste testimonianze, fra le 81 persone a bordo del DC9 Itavia vi sarebbero stati alcuni superstiti, fattoche le autorità italiane avrebbero saputo.
Le comunicazioni in volo si sono interrotte alle 20.56, quelle con le stazioni radar più o meno quattro minuti dopo. Analizzando il tracciato sarebbe chiaramente deducibile un ammaraggio del DC9. I corpi senza vita delle prime vittime del disastro sono stati trovati verso le 8.30 del mattino seguente. L'aereo sarebbe quindi affondato non all'atto dell'impatto con il mare, ma diverse ore dopo. Sarebbero poi stati recuperati in totale 42 corpi, ma perché i rapporti ufficiali parlano di 38 cadaveri? E perché nei verbali delle relative autopsie vi sarebbero manifeste lacune e omissioni? Secondo il libro di Lannes, per coprire un'inquietante verità: morte per annegamento, e non per impatto dell'aereo con la superficie del mare o per esplosione di un ordigno. Persone che quindi sarebbero sopravvissute all'impatto con il missile, e che avrebbero potuto rivelare una verità fin troppo scomoda…
Punti fermi, quindi, ce ne sono, a partire dalla sentenza della stessa Corte di Cassazione del 28 gennaio 2013 che ammette senza dubbio la causa del disastro: un missile ha colpito il DC9. Da qui la decisione di risarcimento, da parte dello Stato, nei confronti delle famiglie delle vittime in ragione della mancata copertura di sicurezza delle rotte aeree nazionali.
Sullo sfondo, la lotta a livello commerciale fra una piccola compagnia aerea e il colosso nazionale, con il coinvolgimento di sindacati e partiti politici ferocemente contrari alle concessioni ai privati in materia di trasporto pubblico. Da qui ne deriva l'insistenza nel depistare le perizie tecniche per evidenziare il guasto strutturale che avrebbe dimostrato l'inaffidabbilità della compagnia Itavia…

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