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Letta: “Fare gli Stati Uniti d'Europa”

Roma – L'erosione del ceto medio, le crescenti diseguaglianze, il ruolo delle classi dirigenti. Il presidente del Consiglio, Enrico Letta, interviene su questi temi sull'inserto del Corriere della Sera, «la Lettura», indicando una strada fuori dalla crisi e dalla disuguaglianze che passa per la creazione degli 'Stati Uniti d'Europà, con il completamento dell'unione bancaria, economica e politica. Secondo Letta, «Viviamo un'epoca 'liminarè, in bilico tra privilegio e progresso, tra passato e cambiamento. La parabola della crisi, in Europa e dell'Europa, bene sintetizza questa transizione». Una transizione – secondo Letta – segnata da una prima cesura. È il 'whatever it takes' di Mario Draghi che il 25 luglio del 2012 rassicurò il mondo e i mercati annunciando che la Bce avrebbe 'fatto di tuttò per salvare l'euro. Quelle tre parole furono il prologo della svolta. Letta fa presente che «dai primissimi segnali di crisi a quella conferenza stampa è trascorso circa un quinquennio. Nello stesso periodo sono susseguiti 27 Consigli europei infruttuosi. Fino al 'whatever it takes' dinanzi al collasso degli equilibri fra finanza ed economia reale sono parsi saltare i convincimenti degli economisti e i cardini stessi dell'economia di mercato». Poi è arrivato il naufragio. «Con il tempo forse saremo in grado di capirlo, questo naufragio. Le analisi, del resto, si moltiplicano» (…) «È vero – sostiene il premier – la disuguaglianza sgretola la società perchè la fa marcire al proprio interno (…). Per questo l'ultima cosa che deve fare l'Europa è rimuovere la realtà e rifugiarsi nelle scorciatoie (…).» Secondo il premier, bisogna recuperare «il nesso fra democrazia rappresentativa, economia di mercato, welfare – per renderlo compatibile con la trasformazione in atto nel mondo, con la rivoluzione tecnologica. A dispetto di tante ottime ricognizioni, da noi l'eco di questo dibattito globale arrivata attenuata. Per le responsabilità – innegabili – della politica e per i limiti di tutto il sistema della rappresentanza (…). Letta poi ribadisce che »l'unica strada per conciliare 'valorì e 'interessì è costruire un 'pontè tra l'Italia della crisi e quella del dopo-crisi. Questo ponte aleggia su due piloni: la 'stabilita« e la 'comunita» (..). Il punto è che il nostro non è uno 'Stato fallitò, ma certo è uno 'Stato fragilè, alle prese con un debito pesantissimo, reduce da una crisi di fiducia prima di tutto in se stesso e poi sui mercati internazionali (…). La nostra comunità non può più concedersi il lusso di lasciare qualcuno indietro (…). per essere più forte e competitiva, per non pagare il prezzo delle disuguaglianze che si allargano e diventano sempre più incolmabili (…). Anche nell'Europa del dopo-crisi nessuno può più rimanere indietro«. A questo proposito, secondo Letta, »è l'Europa democratica da costruire a partire dal completamento delle unioni bancarie, fiscale, economica e politica«. E per farcela »dobbiamo cedere – e far cedere – sovranità nazionale (…). «Per questo dobbiamo portare anche a livello europeo alcune priorità che ci siamo dati per il nostro Paese: lavoro, welfare, istruzione, ambiente, innovazione, agenda digitale. Ci impegneremo su questo e lo faremo vivendo il semestre di presidenza italiano dell'Unione come occasione per guidare il percorso verso il cambiamento (…). È l'opportunità unica, di dare corpo e sostanza al più grande progetto politico delle nostre generazioni: gli Stati Uniti d'Europa».

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