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Jolly Rosso – Investigatore denuncia: “Anomalie sul carico”

Prosegue l'inchiesta di “Edizioni Oggi” sull'affare della “Jolly Rosso”, la nave della società Messina di Navigazione al centro di indagini e misteri non ancora chiariti, nel contesto del capitolo sulle cosiddette “navi dei veleni”.
Secondo l'investigatore privato che ha indagato sul naufragio della nave “Jolly Rosso”, della compagnia Messina di Navigazione, spiaggiata ad Amantea, in Calabria, il fondale mostrerebbe un livello d'inquinamento da cobalto, vanadio e arsenico ampiamente al di sopra dei limiti. Un elemento che fa sorgere nuovi dubbi su un capitolo della storia recente dei cosiddetti “misteri d'Italia” noto come “navi dei veleni”, e che si inquadra nel mosaico già dimostrato di fronte alla Commissione Parlamentare sul ciclo dei rifiuti, la stessa che in passato ha giudicato tutt'altro che casuale la morte del capitano Natale De Grazia, il quale stava appunto indagando sulle navi in questione, in particolare proprio la “Jolly Rosso” e la “Cunsky”. L'investigatore in questione ha confermato di avere raccolto l'eredità lasciata dal capitano De Grazia, per chiarire i lati oscuri dei numerosi naufragi avvenuti sulle coste calabresi, in circostanze rimaste a tutt'oggi molto sospette e che le numerose inchieste non hanno ancora chiarito.
Il suo nome è Emilio Osso, e oltre a svolgere l'incarico di ispettore della Polizia Municipale di Amantea, da più di dieci anni si occupa parallelamente di assistere la Procura di Paola nelle inchieste in questione.
L'ispettore Osso fornisce una descrizione molto particolareggiata sulla vicenda della “Rosso” avvenuta il 14 dicembre 1990. Dalle sue stesse dichiarazioni:”Molti sospetti si addensano già nella fase di carico avve4nuta a Napoli. Nella relazione de capitano Grazia, si evidenziava che Napoli era un porto prediletto per il carico di merci destinate a Malta, e  proprio in quella zona potrebbero essere state caricate sostanze velenose che il capitano non ha effettivamente identificato. Ne parlava sempre riferendosi al progetto di Giorgio Comerio, in relazione a parti delle strutture di missili-penetratori. Il progetto che l’imprenditore Giorgio Comerio, sospettato di avere rapporti con i  servizi segreti di mezzo mondo, aveva sviluppato e che consisteva nell’attrezzare navi come la “Rosso” per trasportare e poi far inabissare quei missili penetratori carichi di scorie radioattive. Di quei missili parla anche il comandante della Capitaneria di Porto di Vibo Valentia, Giuseppe Bellantone, l’ufficiale che per primo salì a bordo dopo lo spiaggiamento. Secondo Bellantone sulla motonave c’erano quei missili. Un particolare delicatissimo che riferisce a De Grazia, almeno stando alle parole del sostituto procuratore di Reggio, Francesco Neri, all'epoca titolare dell’inchiesta sulle navi dei veleni. Come dichiarato ufficialmente dalla Società Messina, il 16, 17 e 18 dicembre ci fu una forte mareggiata e la paratia lato mare, cioè la paratia di sinistra, venne distrutta. Si aprì, quindi, uno squarcio enorme. In realtà, dalle testimonianze di Corrado Spagnoletti, comandante di un pontone che intervenne, ma anche di altre testimonianze, tale squarcio era un taglio fin troppo perfetto. Spagnoletti dichiarò che poteva essere stato fatto con una fiamma ossidrica… Posso riferire, per testimonianza diretta, che molti anni dopo sono stati trovati i resti della “Rosso” in mare e io fui delegato dal magistrato a seguire tutte le operazioni. Estraemmo dai fondali, bassi due o tre metri, questa paratia, con le costole di 14 metri per 4. Chiesi spiegazioni alla ditta, la quale mi rispose che si trattava della famosa paratia lato mare che era stata fatta cadere in acqua. All’epoca, il 12-13 maggio 2005, notai a mia volta la perfezione del taglio. La Guardia di finanza evidenziò che lo scopo era l’asporto di un oggetto di grosse dimensioni. Stranamente, da relazioni di progetto, pare che le dimensioni dei missili citati corrisponderebbero allo squarcio sulla paratia della nave”.
L'ispettore Osso fa chiari riferimenti al carico della nave: “Il carico era sicuramente difforme, non c’è dubbio. Partito da Malta era difforme. Lo riferisce il primo ufficiale di bordo, tale Zanello, il quale ricorda benissimo la questione. La Guardia di Finanza, la squadriglia navale di Reggio Calabria e le Autorità di Vibo hanno accertato che c’erano alcuni atti in originale non riferiti a documenti della “Ignazio Messina” e facenti riferimento a uno Stato straniero. Testualmente, si classificavano come materiali elettrici 628 colli. Questo elemento è agli atti. A Malta furono caricati questi materiali, non so quanti container fossero, ma sicuramente erano 628 colli. Poi furono caricati quattro container di liofilizzati, che non si sa che fine fecero, se non di uno, che fu smaltito in una discarica comunale di Amantea. Degli altri tre non si seppe più nulla”.
Al processo in corso a Genova, nell'udienza dello scorso gennaio si è a lungo discusso della questione, ma non si sono evidenziati elementi determinanti. Il dibattimento prosegue, ed “Edizioni Oggi” segue la questione direttamente. Di certo non mancheranno le novità.

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