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Elezioni – Appello per recuperare la sovranità monetaria

Il 2013 non si è aperto sotto i migliori auspici essendo un altro anno di calvario per l'economia reale del Paese; come se non bastasse gli italiani, provati dalla crisi e dalla stretta fiscale, sono chiamati ancora una volta alle urne per le elezioni politiche che si svolgeranno il 24 e 25 febbraio.
Ad avviso di chi scrive, un nodo focale, della campagna elettorale dovrebbe essere la tematica della sovranità monetaria, diritto che la nostra Nazione ha da tempo perduto.
Questa sovranità che può essere definita come “il diritto di uno Stato quale originario ed indipendente, a poter battere moneta, avente valore legale nel proprio territorio, senza dover contrarre alcun debito”, impone però un breve excursus storico.
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L'italia, dopo il 1893 in cui veniva costituita con legge del Regno la Banca d'Italia (n. 449/1893), istituto a capitale privato di emissione di moneta insieme, fino al 1928, al Banco di Napoli e di Sicilia, ha poi conquistato la sovranità monetaria nel 1936 con il Regio decreto (n. 1067/1938);
Da questa data lo Stato, detentore dell'intero capitale della Banca d'italia, attraverso Casse di Risparmio e banche di diritto pubblico (art. 3), poteva battere moneta per il proprio fabbisogno.
La sovranità venne confermata e anzi poi rafforzata con la promulgazione nel 1947 della Costituzione a seguito dell'avvento della Repubblica, in particolare con l'art. 47 Cost..
La perdita della sovranità ha poi una data che, come tutti sanno, passò alla storia: il 12 febbraio 1981.
L'allora Ministro del Tesoro, Prof. Beniamino Andreatta con una semplice lettera, chiedendo ufficialmente un parere al Governatore, all'epoca Carlo Azeglio Ciampi, si interrogava sulla possibilità di poter ridare 'autonomia' alla Banca d'Italia rispetto al Tesoro e quindi allo Stato, evitando così a quest'ultimo di dover acquistare i BOT che non venivano collocati, ricollocandoli, di fatto, sul mercato. La risposta di Ciampi, come ribadirà nelle sue Relazioni conclusive nel maggio 1981, sarà di “..un passo decisivo per un cambiamento di strategia monetaria. Si impongono decisioni coraggiose”.
Il tutto quindi avviene in questo modo: con una procedura del tutto fuori dalla prassi Costituzionale e comunque da quella giuridica: il Ministero del Tesoro, così come ogni Organo facente parte dell'Esecutivo e/o dell'Amministrazione in genere dovrebbe “parlare” attraverso degli atti ben codificati dalla Costituzione o dalle leggi aventi valore costituzionale: decreti ministeriali, decreti legislativi, direttive e circolari.
Invece con buona pace della prassi costituzionale, lo stato Italiano “divorzia” dalla Banca d'italia, nell'ambito di una “congiura aperta”, come la definì il Ministro, che poi la difese pubblicamente nella seduta dell'8 ottobre 1981 in Senato: in quella occasione, infatti, glissando e non menzionando il “metodo epistolare”, dichiarava che la stabilità finanziaria dell'Italia dovrà passare attraverso una riduzione non effimera dello squilibrio tra le spese e quindi con il contenimento del disavanzo e governabilità della finanza pubblica. “…oggi c'è la possibilità di raddrizzare il futuro” concluderà poi all'Aula che lo applaudì in toto: destra, centro, sinistra.
La perdita definitiva della sovranità, per l'Italia, la si avrà con le privatizzazioni degli Istituti di credito del 29 gennaio 1992, con i quali automaticamente la Banca d'Italia diventa, di fatto, di proprietà delle Banche Private: questì'ultime poi grazie alla successiva Legge 82 del 7 febbraio 1992, potranno decidere il costo del danaro (tasso ufficiale di sconto) senza doverlo concordare con il Ministero del Tesoro e quindi con lo Stato Italiano.
L'adesione all'eurosistema nel quadrienno 1998-2002 e il Trattato di Lisbona del 2007-2009 hanno poi perfezionato questo processo di espropriazione: oggi la sovranità monetaria appartiene, si badi bene, non all'Europa, ma all'autorità europea competente: la Banca Centrale Europea, anch'essa detenuta da capitale privato (le banche centrali di diversi Stati membri con capitale privato), e con essa anche la rendita da emissione monetaria derivante dalla differenza tra il costo tipografico della banconota ed il valore nominale attribuito (il cd. signoraggio); ironia della sorte tra i sottoscrittori della BCE, che usufruiscono di questa messe, sono la Svezia, Danimarca ed Inghilterra: tutti e tre Paesi che NON hanno aderito all'Euro. 
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Conseguenza di tutto ciò, dal 1981 sino ad oggi il debito pubblico si è praticamente triplicato, passando dal 57,7% del 1980 al 124,40 del 1994% ed infine al 126,10% di quest'ultimo anno.

Ci si appella dunque ad ogni forza politica protagonista di questa tornata elettorale oltre a quella che la vincerà, per farsi carico di una banale questione di democrazia: è ormai necessario dover mettere nell'agenda di Governo, la necessità impellente di far riappropriare l'Italia della sovranità monetaria che le compete, e della sua relativa rendita (signoraggio) procedendo semplicemente all'affidamento allo Stato Italiano della stampa e del conio della quota di banconote e di monete attribuite dalla BCE al nostro Paese.
Tutto ciò non vuol dire uscire dall'Euro, ma di sicuro, introitando la rendita si potrà avere una drastica riduzione del debito pubblico, con conseguente aumento di risorse disponibili per sostenere il costo sociale in questi momenti di drammatica crisi (crisi prima di tutto 'da debito') in cui versa il nostro Paese.
Se in passato ci sono state timide iniziative di disegni di legge, dal 1999 al 2011, e da ogni parte politica, è possibile che uno sforzo più concreto, da parte questa volta di un Governo, è possibile.
Se non altro per il rispetto del principio secondo il quale la moneta, deve e non può che essere, una diretta conseguenza dell'economia reale costruita sul lavoro dei cittadini italiani.

Avv. Emanuele Petracca, consulente giuridico dell'Adiuban-snarp (Associazione difesa utenti bancari) nonché socio fondatore del Forum Antiusura Bancaria: ha lo studio in Latina, Via Piave 2/c – emanuele_petracca@hotmail.com

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