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Piero Grasso: “La letteratura racconta la mafia in modo scorretto”

In occasione dell'apertura del “Courmayeur Noir Festival”, l'edizione 2012 è dedicata alla letteratura che illustra i rapporto fra criminalità organizzata e tecniche narrative, il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso parla del tema narrativo sulle mafie.
Dall'Unità d'Italia ad oggi – dichiara il procuratore Grasso – la letteratura e il cinema ha in un certo senso contribuito alla mitizzazione del 'mafioso buono', ma non è così. Il mafioso veniva raffigurato come un dispensatore di giustizia e detentore delle regole di rispetto e onore. Era raffigurato come una specie di protettore di coloro che non avevano alcun potere e non godeva di diritti, specialmente dove lo Stato  era considerato lontano, oppure addirittura nemico. Di conseguenza, la mafia veniva raccontata come una sorta di sistema di protezione del territorio e di chi vi risiedeva. E a tutto si aggiungevano elementi di fascino e mistero. Di certo ci troviamo di fronte ad una grande mistificazione, che è durata per molto tempo. Quando ero ragazzo, in Sicilia, prevaleva ancora il concetto che l'essere mafioso fosse una particolare caratteristica dell'essere siciliani e che la mafia avesse origini adirittura antropologiche, immerse nella natura stessa della sicilianità. Non si piò sapere quanto tutto quessto sia stato consapevole o meno, in buona o in malafede. Né si deve mettere tutto sullo stesso piano.
Da alcune intercettazioni sappiamo, ad esempio, che il nboss Giuseppe Guttadauro voleva sfruttare alcuni giornalisti per allestire una campagna garantista che aveva lo scopo di agevolare gli interesso della mafia. In pratica un tentativo di manipolazione studoati a tavolino, ma non bisogna dimenticare che anche autori celebri come Leonardo Sciascia ed anche lo stesso Giovanni Falcone si dice avessero in un certo senso subìto il 'fascino della mafia'.
Falcone giudicava alcuni uomini di Cosoa Nostra come dotati di intelligenza non comune, capaci di interpretare i bisogni e le domande della loro realtà. In film come 'Il giorn o della civetta', il mafioso don Mariano Arena giudica uomo di valore il capitano Bellodi, definendolo 'uomo' nella sua personalissima classifica fra 'uomini, mezzo uomini, ominicchi, ruffiani e quaquaraquà'.
Insomma, assistiamo ad una sorta di affascinazione per il male, che nel caso della mafia contiene anche la fascinazione per un mondo misterioso e segreto, per i rituali che ancora oggi esistono, come abbiamo visto in occasione dell'arresto del boss Lo Piccolo, quando nel novembre 2007 è stato rinvenuto, nel suo covo, la trascrizione del decalogo di comportamento degli uomini d'onore e la formula del giuramento di affiliazione a Cosa Nostra, detto 'rito della punciuta“.

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