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Costa Concordia – Una situazione sempre più precaria

Isola del Giglio – Dalla giornata di mercoledì 14 novembre, il miglioramento delle condizioni meteo ha permesso la ripresa delle operazioni di rimozione, tra cui anche il ritensionamento degli anchor blocks 1 e 2, resosi necessario a seguito dell’allentamento di alcuni pali dovuto alla forte mareggiata dello scorso 31 ottobre.
Dalla mareggiata del 31 ottobre scorso è più che evidente si siano prodotto danni allo scafo. La violenza non indifferente del moto ondoso si materializza in migliaia di tonnellate d’acqua che investono tutto ciò che incontrano sul loro cammino, in questo caso il relitto della nave.
Le note rilasciate dallo stesso consorzio nel rendiconto settimanale dal 10 al 16 novembre evidenziano la grande precarietà delle operazioni in corso per le quali è sufficiente una mareggiata più violenta del solito per creare una miriade di inconvenienti e ritardi che si sommano ai già enormi ritardi.
L’allentamento di alcuni pali di cui si parla nelle note è poco verosimile. I basamenti su cui sono ancorati i cavi sono stati fissati sul fondo con 10 pali ciascuno di adeguata profondità.
Il cedimento riportato può essere effettivamente avvenuto, ma è il caso di riflettere sul fatto che se i calcoli e i coefficienti di sicurezza dei pali sono stato ben calcolati, gli stessi ben realizzati, e gli strati di infissione sono stati adeguatamente interessati, bisogna pensare che quanto scritto sia poco verosimile e credibile.
La nostra ipotesi percorre dei ragionamenti logici che hanno ovviamente riscontri tecnici ed oggettivi: la mareggiata ha insistito sostanzialmente sul lato sinistro della nave con direzione da sud-est a nord-ovest. Esaminando la disposizione degli anchor block in questione si nota che sono proprio quelli immediatamente interessati a sostenere la zona prodiera della nave, che sono stati oggetto di ritensionamento. Per effetto dei marosi, molto verosimilmente si è avuto uno spostamento dello scafo (si suppone una rotazione verso destra di 3°, ma ovviamente nessuno conferma o smentisce ) ed anche una possibile deformazione permanente della zona in questione. Del resto i cavi erano in tensione dalla nave verso terra esercitando di fatto una sollecitazione che tendenzialmente, qualora eccessiva, ha in realtà favorito l’azione del moto ondoso nel causare spostamenti e rotazioni. Se ne desume che la nave non è affatto immobilizzata e neanche scevra da movimenti o al riparo da deformazioni in generale, compatibili con le azioni del mare da sud-est e dei cavi stessi.
Si deduce che il sistema di sicurezza tanto osannato e pubblicizzato in realtà altri non è che un sistema di ritenzione ma al massimo impedisce alla nave di precipitare verso il fondo e potrebbe rappresentare allo stesso tempo motivo di perturbazione statica nell'ipotesi che i cavi per effetto dell’ondeggiamento, naturale e prevedibile dello scafo sotto l’azione del mare grosso, ne riceva danni se non addirittura fenomeni di spaccature delle lamiere. Proprio così: tagli e spaccature delle lamiere, tenuto conto che è proprio con i sistemi a cavo e/o catene che vengono in diverse occasioni si tagliano i relitti. Sarà un caso anche questo oppure cominciano a tagliare?
Ribadiamo fortemente la precarietà , l’incertezza e il pressappochismo di questo progetto con il quale  si è giunti alle micro cariche sottomarine per far posto alla enormità devastante dei pali di grosso diametro… per altro molto difficile e lungo da realizzare in un ambiente tutt’altro che consono a quel genere di operazioni. E ancora abbiamo le istituzioni che fanno da spettatore immobile in prima fila, in attesa degli evento o che gli eventi travalichino in qualcosa d’altro che risolva finalmente il problema.
Qualcuno si starà chiedendo a chi toccherà il danno ambientale di una manovra errata o di un difetto di valutazione delle operazioni di una fra le tante anomalie delle quali il progetto sembra piuttosto assortito? Probabilmente le conseguenze saranno, come al solito, addossate alle tasche dei cittadini contribuenti…

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