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Messina – Influenze di spicco nelle indagini della Procura?

Parte 5a
 – Gli investigatori del giudice Antonio Nastasi, che conducevano le indagini sui collegamenti fra giustizia/procura, criminalità organizzata e massoneria nell'ambiente che conta della Messino-bene, ad un certo punto si trovano davanti alle prove inequivocabili di influenze e coinvolgimenti di personaggi che si potrebbero senza tema di smentita definire “di spicco”. Alcuni dui quesstoi sembrano appartenere, con un certo grado di sicurezza, alla massoneria.
Una di queste persone sarebbe stato l’avvocato Antonino Lo Giudice, che secondo le indagini e i verbali della Procura, potrebbe essere identificato come “regista” o uno dei princiali registi delle male fatte del gruppo.
Le indagini indicherebbero come sia stato sempre presente, per preparare atti di dubbia validità da sottoporre al Prefetto della città, per disporre false assemblee e indurre in errore i magistrati del Tribunale Civile, anche con probabili false testimonianze o attraverso testimoni di comodo. Lo Giudice sarebbe inoltre l’anello di congiungimento del gruppo, per quanto atteneva i rapporti con le istituzioni dello Stato, ovvero Tribunale, Prefettura, Avvocatura Distrettuale, stampa, università, e molto altro.
Il giudice Antonio Nastasi non a caso, si era fatto garante per la salvaguardia della società investigativa “Il Detective”, in quanto lui stesso era sicuro del suo operato proprio a seguito del voluminoso materiale probatorio che aveva raccolto nella fase delle indagini. Ma ad un certo punto il giudice Nastasi viene improvvisamente trasferito a Siena, lontano dalla Sicilia, tutto si ferma e la società “Il Detective” viene investita da un ciclone. Tutto il materiale probatorio di cui Nastasi  aveva garantito la assoluta veridicità, non è mai stato verificato nel modo giusto da chi lo ha sostituito e oggi lo stesso materiale, rischia di essere eliminato del tutto per prescrizione.
Basti pensare, che per ogni udienza relativa ai procedimenti penali, in corso , gli avvocati della controparte si stanno battendo per rendere invalido tutto il predetto materiale e soprattutto tutta l’attività svolta attraverso le operazioni di intercettazione telefonica ed ambientale. Ottenuto ciò, il tutto finirà nel dimenticatoio e i personaggi di spicco della massoneria messinese avranno vinto ancora una volta a scaputo di chi invece è stato vittima delle loro stesse congiure.
A questo punto dell’inchiesta, per ogni appartenente alla “casta intoccabile”, si pubblicheranno tutti gli episodi salienti, che si riscontrano dall’attività di indagine, episodio per episodio, a dimostrazione della grave laguna emersa, a seguito dei gravi reati che si riscontrano di un gruppo di associati per delinquere, rispetto a quelli poi effettivamente contestati ai responsabili.
In merito, nei confronti dell’avvocato Antonino Lo Giudice, per come pubblicato nei precedenti articoli, tra le altre cose imputato di falsa testimonianza, unitamente al commercialista Giuseppe e Marisca a tale Salvatore Privitera , in relazione al procedimento civile intentato nei confronti di Vincenzo Savasta , per l’ammanco di cassa di due milioni di euro, si riscontra che: in maniera assurda, l'avvocato Antonino Lo Giudice, non appena rilasciata la testimonianza falsa, a discapito dell’azienda, che ha sempre rappresentato quale legale, tranne, naturalmente il periodo di gestione degli attuali amministratori, per favorire un amministratore e socio di minoranza Savasta, a cui comunque la società per mezzo dei suoi amministratori pro-tempore, richiedeva al Tribunale Civile il sequestro cautelativo dei propri beni, per un ammanco di cassa di oltre due milioni di euro, e di cui non aveva voluto dare alcuna spiegazione in merito, scaricando, come asserisce la Guardia di Finanza, tutte le responsabilità alla defunta signora AntoniaPrivitera.
Lo stesso giorno, ultimata la testimonianza falsa, si presentava in azienda unitamente a Salvatore Formisano per eseguire il sequestro della stessa, ottenuto con la delibera falsa del 123% di maggioranza di cui lo stesso avvocato Lo Giudice era principale ideatore.
Al contrario, a riprova degli interessi comuni del gruppo, Formisano, non appena insediatosi, arbitrariamente, con la famosa falsa delibera, premiava l’avvocato Antonio Lo Giudice, con compensi di oltre 400mila euro nel biennio 2008- 2009, mentre i dipendenti rimanevano senza stipendio.
Quanto sopra, lo si può rilevare dalla perizia tecnica fatta dal consulente della società, Giovanni Di Giacomo, in relazione anche ad altre sospette movimentazioni bancarie effettuate dal medesimo Formisano.
Certamente le ingenti somme concesse all’avvocato Antonino Lo giudice, che non sono state evidenziate dal perito del Tribunale di Messina, Corrado Taormina, lasciano supporre seri dubbi, circa la destinazione delle stesse somme.
Una cosa certa era che il gruppo doveva recuperare quanti più soldi possibile, per poi procedere alla chiusura della società e il tutto sotto i riflettori di chi sarebbe giunto in sostituzione del giudice Nastasi.
Quanto sopra asserito viene tra l’altro avvalorato, dalle numerose intercettazioni telefoniche, tra il gruppo di persone interessate, significando che con riserva di pubblicare altre trascrizioni di intercettazioni telefoniche, allo stato si pubblica una intercettazione telefonica tra Vincenzo Savasta e l’avvocato Antonino Lo Giudice, registrata nell’ambito del procedimento penale nr.3950/2007 alle ore 12.54 del 23.12.2007, che si riscontra, trascritta nell’informativa della Guardia di Finanza del 07.04.2008.
Appare per altro molto strano che Vincenzo Savasta, socio di minoranza della società “Il Detective” con il 5% delle quote, e che in quel momento lavorava indebitamente per fare transitare tutti gli appalti in essere alla società concorrente la K.S.M., non aveva alcun incarico nella società stessa “Il Detective”, e truttavia ne decidesse le sorti unitamente all’avvocato Antonino Lo Giudice.
La stessa Guardia di Finanza, nel riassumere tale conversazione, da un breve commento asserisce che il contenuto della intercettazione, metteva in evidenza il modus operandi dell’avvocato Antonino Lo Giudice e di Vincenzo Savasta.
Fine parte 5a
(Nell'immagine, il Tribunale di Messina, teatro della vicenda trattata)

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